martedì 5 luglio 2016

L'ARCHEOLOGIA E' UNA RICCHEZZA DI TUTTI, CHE VA VALORIZZATA (RIEVOCAZIONE O NO).

e in epoca sia repubblicana che imperiale Veneti e Romani andavano parecchio d'accordo...
di Sandro Battel

Valorizzare il notevole patrimonio archeologico di Oderzo dovrebbe essere un obiettivo comune, che tutti dovremmo condividere senza esitazione: chiunque al mondo ci considerebbe degli incoscienti se, avendo in casa “pezzi” di grande valore, rinunciassimo – quale che ne fosse il motivo – a farne una delle ragioni per essere orgogliosi della nostra città.
Sarebbe un grave errore trattare il tema a partire da un orientamento ideologico che in questo caso non ha nessuna ragione di essere. Sarebbe una disgrazia se, come dicono in questi giorni i quotidiani locali, la sindaca Scardellato decidesse di mettere da parte la ricchezza storica e culturale dell'archeologia di Oderzo solo perchè a suo tempo l'ex-sindaco ha avuto l'idea (sbagliata) di mettersi in mostra con addosso la toga da senatore, oppure perchè a qualche leghista dà fastidio sentir parlare di Roma, anche se si tratta della Roma di duemila anni fa, quella che comunque, checchè se ne dica, ha avuto un ruolo così importante ed è stato – all'epoca – il fattore di civiltà fondamentale per quello che oggi è il nostro territorio.
Che la rievocazione non abbia avuto il successo sperato è un fatto; che per questo vada ripensata è un'idea sulla quale credo siamo d'accordo in molti. Ma buttare via tutto, sacrificando anche gli aspetti autenticamente interessanti e di qualità che la manifestazione è riuscita a produrre negli anni, sarebbe completamente sbagliato.

Penso per prima cosa al teatro classico, reso vitale nei primi anni della rievocazione da buone compagnie teatrali, di livello professionale, capaci di offrire uno spettacolo che era contemporaneamente godibile e di qualità, e recuperato negli ultimi anni anche attraverso il prezioso lavoro dei colleghi degli istituti superiori di Oderzo, che attraverso i loro laboratori hanno saputo coinvolgere i ragazzi nell'attività teatrale e far loro rivivere e apprezzare l'attualità e la forza della letteratura e della civiltà del mondo classico. Ma ci sono anche altre cose da ristudiare: credo che l'amministrazione attuale dovrebbe ragionare con attenzione su tutti gli aspetti della rievocazione, per tenere quello che ha funzionato e cambiare quello che non ha funzionato, oppure proporre – se ne ha – dei modi più efficaci e incisivi per valorizzare il nostro patrimonio archeologico, ma certamente non dovrebbe lasciare da parte le grandi opportunità offerte a Oderzo - sia sul piano culturale che su quello turistico – dall'eredità del mondo classico.

In questo senso mi lasciano molto perplesso le affermazioni che vengono attribuite al prof. De Carlo nell'articolo linkato sopra (sempre che il loro senso non sia stato tradito dalla sintesi giornalistica, visto anche che nella versione online dell'articolo non si capisce dove comincia e dove finisce il virgolettato): la presenza romana nel nostro territorio è certo lontana nel tempo, ma indubbiamente la sua eredità è stata e resta più solida e più importante di quanto non lo siano le tracce lasciate su di esso dalle popolazioni preromane. Tracce che, per quanto interessanti e degne di attenzione, hanno – direi – una consistenza decisamente inferiore rispetto al patrimonio di storia, civiltà e letteratura che il mondo romano ci ha lasciato: un universo di idee e vita senza il quale saremmo tutti molto più poveri, come sa bene chiunque lo ha frequentato nel corso della propria formazione, ricevendone spesso un'influenza determinante e incancellabile1. Ricordare che gli antichi opitergini sono citati da – tra gli altri - Tito Livio e Lucano non significa inventarsi per vanità dei progenitori importanti, significa riconoscere nei fatti l'impronta determinante di una lunghissima epoca di storia la cui eredità è ancora estremamente vitale.

A questo proposito va anche ricordato che, contrariamente a quanto alcuni danno per scontato, il rapporto tra i Veneti e i Romani in epoca preimperiale è stato uno degli esempi più riusciti del modello di integrazione – basato sull'assimilazione dell'aristocrazia locale – elaborato e messo in atto con successo per secoli da Roma nella propria politica di espansione. In sostanza, tra il III e il II secolo a.C. Veneti e Romani sono andati piuttosto d'accordo, tanto che, quando i Galli della pianura Padana crearono alla Roma repubblicana seri grattacapi di carattere militare, in più occasioni i Veneti si schierarono a fianco dei Romani e contro i Galli.
Il processo di assimilazione è proseguito nei secoli successivi in modo ordinato e sostanzialmente non conflittuale, fino a configurare un rapporto che era, certo, di subordinazione dei Veneti ai Romani, ma anche di regolazione dei conflitti interni all'area veneta, di difesa del territorio (per esempio dalle incursioni delle popolazioni germaniche) e di progressiva integrazione sociale e culturale, secondo un modello in cui gli aspetti conflittuali pare siano stati molto limitati, tanto che gli storici parlano addirittura di “autoromanizzazione2”. Spero quindi vivamente, in riferimento alla presenza romana sul nostro territorio, di non sentir più parlare senza fondamento di oppressione e schiavitù, se non da studiosi che abbiano ragioni serie e documentate per correggere le attuali prospettive storiografiche.

Quanto all'imperialismo romano e alla sua carica di violenza e brutalità, ricordiamo che è cosa nota, che fu oggetto di riflessione e discussione anche da parte delle classi dirigenti e degli intellettuali dell'impero (citiamo Tacito per fare un unico esempio notevole). Ma non direi che questo è un motivo sufficiente per condannare alla dimenticanza tutta la civiltà latina: quante pagine dovremmo togliere dai manuali di storia se dovessimo condannare tutti i soggetti storici che prima o poi hanno messo in atto politiche aggressive o di espansione territoriale? E' sicuramente vero che Cesare è stato un invasore e un dominatore, e non sarò certo io a giustificare l'uso esclusivo della forza nella politica internazionale, ma non credo siano molti nella storia i modelli sociali e civili degni di nota che sono stati capaci di sfuggire a questa trappola – chiamiamola così – e poi non è che le tribù galliche e germaniche contro cui i Romani combattevano avessero una classe dirigente pacifica e civile da prendere come modello. Così non vedo per quale ragione dovremmo disprezzare il passato romano del nostro territorio per sentirci solidali, per esempio con i Veneti di Bretagna con i quali non so bene da quale legame vitale dovremmo sentirci connessi oggi.

La presenza romana nel territorio di Oderzo ha lasciato un'eredità ricca e importante. Dovremmo trovare, tra le molte storie legate a questa eredità, quelle che ci interessano di più e farne un aspetto della nostra memoria collettiva, raccontarcele e raccontarle a chi ci viene a visitarci. La stessa cosa dovremmo fare per gli altri periodi della storia del nostro territorio che hanno lasciato su di esso un'impronta riconoscibile: dalle epoche preromane al Medioevo, dall'Età comunale al dominio veneziano e all'Ottocento, fino ad oggi.

E' uno dei modi fondamentali per costruire la comunità, per riconoscersi al di là delle appartenenze politiche, senza nessuna arroganza né autoesaltazione. Ed è anche in questo modo che ci si fa riconoscere dagli altri e si ottiene rispetto e attenzione da chi viene da fuori, dalle regioni ricche come da quelle povere del mondo.


1 Chi scrive ritiene che la cultura italiana abbia sofferto e soffra ancora di uno sbilanciamento verso la cultura letteraria che dovrebbe essere corretto da iniezioni significative di pensiero e metodo scientifico. Ma ritengo anche che questo non comporti affatto una svalutazione dell'efficacia della formazione classica, che mi pare resti utile e sia necessaria almeno per una parte delle giovani generazioni.
2 Per dare un riferimento rapido su questi temi, possiamo rinviare alla pagina http://www.archeoveneto.it/portale/?page_id=484 del sito ARCHEOVENETO, il sito istituzionale della regione Veneto e dell'Università di Padova che presenta il panorama delle risorse storico archeologiche regionali. La pagina in questione è a cura del prof. Jacopo Bonetto docente di Archeologia presso l'Università di Padova, e di alcuni suoi collaboratori. Mi sia permesso di sottolineare che il sito esiste anche per volontà della regione, della quale tutti sappiamo quale è il colore politico. Questo come riconoscimento del fatto che essere leghisti non dovrebbe significare necessariamente voler leggere la storia in modo strano.

1 commento:

  1. Davvero interessante. Corrado Augias dice che l'Italia si caratterizza proprio per la sua cultura cattolica da un lato e per il suo passato romano dall'altro, e questi due elementi sono, secondo Augias, quelli più rilevanti nello spiegare l'omogeneità interna della Penisola.
    Giovanni Chiara

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