Venerdì
24 ottobre alle 20.45 a palazzo Moro
lo storico Daniele Ceschin presenta
il suo studio sui profughi durante la guerra.
lo storico Daniele Ceschin presenta
il suo studio sui profughi durante la guerra.
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“A
Oderzo il cammino si fa ancora più difficile, ci incolonniamo fra
due pesanti trattrici che ci assordano col loro rumore. Con la mia
bicicletta m’attacco ora a l’una ora a l’altra delle
“charrette” cercando di confortare i miei ancora più avviliti di
me. Mi volto, la carrozza delle cugine non si vede più. Dove è
andata a finire?!?.... Cerco di ritornare indietro. Una mano ferma il
manubrio della mia bicicletta. Un capitano d’artiglieria mi guarda
negli occhi, esclama: “Signorina, vi volete far ammazzare” e mi
costringe a proseguire. Raggiungo i miei e cerco di consolare Paolo
che ha gli occhi lucidi lucidi. Alle 14 abbiamo passato il ponte di
Piave e ci fermiamo a Fagarè. Bruno ha fame, molta fame e non sì
trova nulla. Io entro per ogni dove, inutilmente”.
Così scrive nel suo diario, il 31 ottobre del '17, Maria
Brunetta, profuga di Azzano Decimo: è una delle moltissime
testimonianze raccolte e analizzate dallo storico Daniele Ceschin (1)
nella preparazione di Gli
esuli di Caporetto – I profughi in Italia durante la grande guerra. (Laterza, Bari 20122).
Mette
naturalmente tristezza provare anche solo per un momento a immaginare
la situazione di questa massa di persone, soldati e profughi, che
attraversano i nostri paesi in disordine con lo sconforto nel cuore.
La memoria dolorosa di una situazione che di solito cerchiamo di
ricordare come il momento della reazione, in cui comincia “la
riscossa”, per leggerla come un principio di speranza, ma che
soprattutto all'inizio è stata vissuta con paura e disperazione.
Molto
difficile infatti è stato allora, per l'informazione come per la politica,
affrontare il compito di raccontare la condizione dei rifugiati senza
tradirne la verità ma anche senza rendere più opprimente il clima
morale del paese. E drammatico è stato poi gestire la loro presenza in
regioni più o meno lontane, dove spesso sono stati sentiti soprattutto
come un peso e un problema da una popolazione che comunque aveva i
suoi guai.
Infatti
l'Italia, in guerra, sull'orlo della sconfitta e in una situazione
finanziaria del tutto precaria, si trovava di fronte anche al compito
di dare assistenza a più di mezzo milione di persone che avevano abbandonato le loro case e che, sistemate come possibile nelle
diverse regioni della penisola, avevano bisogno di tutto: “La
sottoscritta profuga di Oderzo, che dovette fuggire precipitosamente
senza aver potuto portare seco verun indumento mentre era abituata
con tutti i comodi della vita, ora si trova alla stregua dei più
miseri esiliati, anche per l’impossibilità (data la sua
avanzatissima età) di lavorare per buscarsi qualche cosa che renda
meno penosa la sua vita”,
scrive ad esempio Filomena Piovesan Porcia al Comitato parlamentare
veneto di Roma il 1 giugno del 1918.
Di
tutto questo parleremo nell'incontro promosso da IDE@LAB
(2) per la sera del prossimo 24 ottobre, data dell'attacco
austro-ungarico a Caporetto, con Daniele Ceschin, che nel suo bel
libro realizza un equilibrio davvero riuscito tra la problematicità
e il rigore dell'analisi richiesti da uno studio scientifico e
l'esigenza di trasmettere la memoria in un racconto storico che sia
leggibile e interessante per tutti.
Il
nostro obiettivo è di evitare che ricorrenze e anniversari diventino
occasioni di pura e vuota celebrazione: il nostro presente pieno di
difficoltà e divisioni ci impone di provare a ricavare da una
riflessione sulla storia almeno la capacità di discutere su un
terreno comune. Quella della Grande Guerra non è una memoria facile:
si fa presto a scivolare nell'enfasi patriottica e magari bellicista
come pure a rifiutare in blocco tutti gli aspetti e gli effetti della
vicenda cancellandoli sotto il segno nero della tragedia. Ma non
dobbiamo dimenticare che, anche su ciò che ci appare soprattutto un
dramma, ci fa bene riuscire, se ne siamo capaci, a condividere un
punto di vista. Abbiamo bisogno di essere informati e critici, senza
dubbio. Ma abbiamo bisogno anche di ragionare sui nodi chiave del
nostro passato per metterci in condizione di aggiungere, nel bene e
nel male, qualche elemento alla nostra idea di cosa significa essere
italiani.
(1)
Daniele
Ceschin (1971) ha ottenuto l’abilitazione scientifica nazionale
come professore associato in Storia contemporanea. Studioso in
particolare della Grande Guerra, è
autore e curatore di volumi che spaziano dalla storia della cultura
tra Otto e Novecento al movimento cattolico, dalla storia
dell’assistenza al sindacalismo, dall’internamento degli ebrei
stranieri in Italia alla Resistenza. Tra le sue pubblicazioni, “La
‘voce’ di Venezia. Antonio Fradeletto e l’organizzazione della
cultura tra Otto e Novecento” (Padova 2001); “Giuseppe Corazzin”
(Verona 2001). Sulla Prima guerra mondiale, oltre a numerosi saggi e
articoli, ha curato con Mario Isnenghi il volume La
Grande Guerra: dall’Intervento alla «vittoria mutilata»
(Utet
2008). Attualmente sta lavorando a uno studio complessivo sulla
Grande Guerra e a un libro sulle sconfitte italiane dal Risorgimento
alla Seconda guerra mondiale. QUI
il link
al sito della casa editrice Laterza e alla recensione di Sergio
Luzzatto.
(2)
IDE@LAB è la "costola" culturale del PD di Oderzo: quando
un incontro è organizzato da IDE@LAB potete aspettarvi: zero
propaganda, zero ideologia, il minimo indispensabile di enfasi
celebrativa (solo se e quando serve...) e il massimo possibile di
conoscenza, pensiero critico e apertura intellettuale.
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