di
Eugenio Luzzu
Le
norme che oggi regolano lo smaltimento dei rifiuti sono state fissate
da una legge del 2006 (d.l. 152). Quella legge stabiliva tra l'altro
che non era permesso bruciare all'aperto residui di lavorazioni
agricole. Recentemente il Parlamento con una nuova legge (116
dell'agosto 2014) ha introdotto una deroga che permette di bruciare
all'aperto, pur con delle limitazioni, una certa quantità
giornaliera di scarti vegetali. Questa decisione ha suscitato in noi
una certa perplessità
e ha motivato il mio intervento con un'interrogazione che ha sollecitato l'Amministrazione a definire in modo più stretto i limiti entro i quali è permessa questa pratica dell'abbruciamento domestico.
e ha motivato il mio intervento con un'interrogazione che ha sollecitato l'Amministrazione a definire in modo più stretto i limiti entro i quali è permessa questa pratica dell'abbruciamento domestico.
Ma
non basta: abbiamo esaminato la legge e ci siamo resi conto che la
nuova norma è stata introdotta all'interno di un provvedimento che
colpisce in primo luogo i responsabili della Combustione
illecita di rifiuti,
intendendo con questo fenomeni macroscopici come quelli di cui siamo
venuti a sapere con preoccupazione dai reportages giornalistici sulla
cosiddetta “terra dei fuochi”. Abbiamo pensato che probabilmente
la deroga era stata introdotta da un lato per non criminalizzare chi,
come tradizionalmente si fa da sempre, brucia piccole quantità di
materiali dell'orto o del giardino (purchè lo faccia in condizioni
di sicurezza e senza provocare disagi per altri) dall'altro su
richiesta delle associazioni di categoria degli agricoltori che
sopportavano con qualche difficoltà questo vincolo e le sanzioni che
talvolta ne sono derivate (sul sito di Confagricoltura Treviso, come
potete vedere a questo
link,
una norma regionale analoga introdotta nel marzo '14 è salutata con
un: “Finalmente!”).
Abbiamo
comunicato le nostre perplessità e chiesto indicazioni a Roger De
Menech, deputato e segretario regionale PD, che ci ha dato conferma
di entrambe le nostre impressioni: da un lato si è scelto di non
colpevolizzare il piccolo coltivatore o il privato che si libera con
il fuoco dei residui della siepe o dell'orto, dall'altro si sono
accolte richieste delle associazioni di categoria e si sono fatte
delle considerazioni di opportunità (1). Ma De Menech (che ha
precisato che la norma ha ottenuto parere favrorevole dall'ISPRA –
Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ci ha
fatto notare anche che lo spirito della legge non è quello di
permettere di bruciare i sarmenti viticoli: il limite quantitativo di
3mc steri al giorno dovrebbe rendere l'operazione di smaltimento
domestico dei sarmenti col fuoco troppo complicata per la gran parte
dei viticoltori, che hanno a che fare con quantità molto maggiori e
che spesso si sono già attrezzati diversamente, per esempio con
macchine trituratrici. Inoltre la legge dà ai Comuni la possibilità
di limitare ulteriormente o vietare, se ce n'è ragione, questa
pratica (2): De Menech ci ha spiegato che il suo Comune, Ponte nelle
Alpi, ha già limitato a 1mc la quantità giornaliera che si può
bruciare.
Del
pericolo delle PM10 siamo ben consapevoli: infatti, anche se capiamo
le ragioni che hanno portato alla deroga consentita dalla legge 116,
continuiamo a pensare che la strada migliore per affrontare il
problema dei sarmenti sia una gestione che permetta di convogliare
tutto il materiale presso centrali termiche capaci di convertire in
energia utile un materiale il cui smaltimento altrimenti
presenterebbe dei problemi. In proposito vedete qui sotto le
considerazioni di Giuseppe Zago e il link alle diapositive (in pdf)
da lui predisposte come risultato dei suoi studi sul problema. In
questo ci pare di essere del tutto d'accordo con Walter Bianco, che
ringraziamo comunque per la sollecitazione e per le informazioni.
In
conclusione: la legge permette una deroga al divieto di bruciare
materiale agricolo, ma lascia alle amministrazioni locali la
valutazione su ulteriori limitazioni. Forse il legislatore avrebbe
potuto indicare in modo più puntuale cosa si può bruciare e cosa
no, in modo da evitare comunque che si brucino i sarmenti, che del
resto si possono sempre triturare. Ma il Comune ha comunque la
possibilità di controllare la situazione e, in generale, noi siamo
certamente determinati a spingere in direzione di quella gestione
moderna, intelligente e utile all'ambiente e alla salute che lo
schema proposto da Zago disegna in prospettiva.
P.S. Non dimentichiamo di sottolineare gli importanti interventi già messi in atto dal governo nel settore agricolo con il piano CAMPOLIBERO: clicca qui per l'illustrazione del piano sulla pagina del ministero e clicca qui per vedere e scaricare le slide illustrative.
P.S. Non dimentichiamo di sottolineare gli importanti interventi già messi in atto dal governo nel settore agricolo con il piano CAMPOLIBERO: clicca qui per l'illustrazione del piano sulla pagina del ministero e clicca qui per vedere e scaricare le slide illustrative.
(1)
Portando una piccola quantità di residui vegetali a una centrale di
smaltimento, magari distante diversi km, magari con un furgone diesel
non nuovissimo o con un trattore, si rischia di produrre la stessa
quantità di PM10 che si farebbero bruciando il materiale sul
posto...
(2)
il testo dice:
“I
comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale
hanno la facoltà di sospendere,
differire o vietare
la combustione del materiale di cui al presente comma all'aperto in
tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche
o ambientali sfavorevoli e in
tutti i casi in cui da tale attivita' possano derivare rischi per la
pubblica e privata incolumita' e per la salute umana, con particolare
riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili
(PM10)".
La
sottolinaeatura è nostra. E' sulla base di questa parte del testo
che ho presentato l'interrogazione.
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