martedì 21 ottobre 2014

GLI ESULI DI CAPORETTO

Venerdì 24 ottobre alle 20.45 a palazzo Moro
lo storico Daniele Ceschin presenta
il suo studio sui profughi durante la guerra.
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 A Oderzo il cammino si fa ancora più difficile, ci incolonniamo fra due pesanti trattrici che ci assordano col loro rumore. Con la mia bicicletta m’attacco ora a l’una ora a l’altra delle “charrette” cercando di confortare i miei ancora più avviliti di me. Mi volto, la carrozza delle cugine non si vede più. Dove è andata a finire?!?.... Cerco di ritornare indietro. Una mano ferma il manubrio della mia bicicletta. Un capitano d’artiglieria mi guarda negli occhi, esclama: “Signorina, vi volete far ammazzare” e mi costringe a proseguire. Raggiungo i miei e cerco di consolare Paolo che ha gli occhi lucidi lucidi. Alle 14 abbiamo passato il ponte di Piave e ci fermiamo a Fagarè. Bruno ha fame, molta fame e non sì trova nulla. Io entro per ogni dove, inutilmente”. Così scrive nel suo diario, il 31 ottobre del '17, Maria Brunetta, profuga di Azzano Decimo: è una delle moltissime testimonianze raccolte e analizzate dallo storico Daniele Ceschin (1) nella preparazione di Gli esuli di Caporetto – I profughi in Italia durante la grande guerra. (Laterza, Bari 20122).
Mette naturalmente tristezza provare anche solo per un momento a immaginare la situazione di questa massa di persone, soldati e profughi, che attraversano i nostri paesi in disordine con lo sconforto nel cuore. La memoria dolorosa di una situazione che di solito cerchiamo di ricordare come il momento della reazione, in cui comincia “la riscossa”, per leggerla come un principio di speranza, ma che soprattutto all'inizio è stata vissuta con paura e disperazione.
Molto difficile infatti è stato allora, per l'informazione come per la politica, affrontare il compito di raccontare la condizione dei rifugiati senza tradirne la verità ma anche senza rendere più opprimente il clima morale del paese. E drammatico è stato poi gestire la loro presenza in regioni più o meno lontane, dove spesso sono stati sentiti soprattutto come un peso e un problema da una popolazione che comunque aveva i suoi guai.
Infatti l'Italia, in guerra, sull'orlo della sconfitta e in una situazione finanziaria del tutto precaria, si trovava di fronte anche al compito di dare assistenza a più di mezzo milione di persone che avevano abbandonato le loro case e che, sistemate come possibile nelle diverse regioni della penisola, avevano bisogno di tutto: “La sottoscritta profuga di Oderzo, che dovette fuggire precipitosamente senza aver potuto portare seco verun indumento mentre era abituata con tutti i comodi della vita, ora si trova alla stregua dei più miseri esiliati, anche per l’impossibilità (data la sua avanzatissima età) di lavorare per buscarsi qualche cosa che renda meno penosa la sua vita”, scrive ad esempio Filomena Piovesan Porcia al Comitato parlamentare veneto di Roma il 1 giugno del 1918.
Di tutto questo parleremo nell'incontro promosso da IDE@LAB (2) per la sera del prossimo 24 ottobre, data dell'attacco austro-ungarico a Caporetto, con Daniele Ceschin, che nel suo bel libro realizza un equilibrio davvero riuscito tra la problematicità e il rigore dell'analisi richiesti da uno studio scientifico e l'esigenza di trasmettere la memoria in un racconto storico che sia leggibile e interessante per tutti.
Il nostro obiettivo è di evitare che ricorrenze e anniversari diventino occasioni di pura e vuota celebrazione: il nostro presente pieno di difficoltà e divisioni ci impone di provare a ricavare da una riflessione sulla storia almeno la capacità di discutere su un terreno comune. Quella della Grande Guerra non è una memoria facile: si fa presto a scivolare nell'enfasi patriottica e magari bellicista come pure a rifiutare in blocco tutti gli aspetti e gli effetti della vicenda cancellandoli sotto il segno nero della tragedia. Ma non dobbiamo dimenticare che, anche su ciò che ci appare soprattutto un dramma, ci fa bene riuscire, se ne siamo capaci, a condividere un punto di vista. Abbiamo bisogno di essere informati e critici, senza dubbio. Ma abbiamo bisogno anche di ragionare sui nodi chiave del nostro passato per metterci in condizione di aggiungere, nel bene e nel male, qualche elemento alla nostra idea di cosa significa essere italiani.

(1) Daniele Ceschin (1971) ha ottenuto l’abilitazione scientifica nazionale come professore associato in Storia contemporanea. Studioso in particolare della Grande Guerra, è autore e curatore di volumi che spaziano dalla storia della cultura tra Otto e Novecento al movimento cattolico, dalla storia dell’assistenza al sindacalismo, dall’internamento degli ebrei stranieri in Italia alla Resistenza. Tra le sue pubblicazioni, “La ‘voce’ di Venezia. Antonio Fradeletto e l’organizzazione della cultura tra Otto e Novecento” (Padova 2001); “Giuseppe Corazzin” (Verona 2001). Sulla Prima guerra mondiale, oltre a numerosi saggi e articoli, ha curato con Mario Isnenghi il volume La Grande Guerra: dall’Intervento alla «vittoria mutilata» (Utet 2008). Attualmente sta lavorando a uno studio complessivo sulla Grande Guerra e a un libro sulle sconfitte italiane dal Risorgimento alla Seconda guerra mondiale.  QUI il link al sito della casa editrice Laterza e alla recensione di Sergio Luzzatto. 
(2) IDE@LAB è la "costola" culturale del PD di Oderzo: quando un incontro è organizzato da IDE@LAB potete aspettarvi: zero propaganda, zero ideologia, il minimo indispensabile di enfasi celebrativa (solo se e quando serve...) e il massimo possibile di conoscenza, pensiero critico e apertura intellettuale. 
 

 

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